Colesterolo alto in menopausa
Perché succede, i valori a rischio e le indicazioni per la dieta
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Perché succede, i valori a rischio e le indicazioni per la dieta
Il legame tra colesterolo e menopausa è un aspetto cruciale che ogni donna dovrebbe conoscere. Durante la menopausa, che di solito si verifica tra i 45 e i 55 anni, il corpo attraversa importanti cambiamenti ormonali. Questi, non solo segnano la fine dell’età fertile, ma influenzano anche il metabolismo, in particolare i livelli di colesterolo. L'aumento del colesterolo, infatti, durante questo periodo può incrementare il rischio di problemi cardiovascolari. Oltre a sintomi come vampate di calore, insonnia e sbalzi d’umore, è essenziale prestare attenzione all’impatto della menopausa sul colesterolo e adottare strategie efficaci per mantenere questi cambiamenti sotto controllo.
La principale ragione dell’aumento dei livelli di colesterolo in menopausa è la drastica riduzione degli estrogeni, gli ormoni femminili prodotti dalle ovaie. Gli estrogeni svolgono un ruolo protettivo per il sistema cardiovascolare, influenzando positivamente il metabolismo lipidico, aiutando a mantenere bassi i livelli di colesterolo LDL e aumentando i livelli di colesterolo HDL. Durante la menopausa, con la diminuzione degli estrogeni, questa protezione viene meno, causando un aumento del colesterolo totale e LDL, oltre che una diminuzione del colesterolo HDL[1].
Il calo estrogenico che fa seguito alla menopausa produce:
Accanto all’aumentato rischio conferito quindi dai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, la menopausa, specie se ad insorgenza precoce, si configura come un immodificabile fattore di rischio genere-specifico nel sesso femminile.
Le donne in menopausa, con la perdita degli effetti protettivi degli estrogeni, tendono a sviluppare un profilo lipidico più simile a quello degli uomini[2][3] (aumento del colesterolo LDL e una riduzione del colesterolo HDL) e si riduce quindi il vantaggio sul rischio cardiovascolare (CV), presente nel periodo fertile, rispetto agli uomini.
La ridistribuzione del grasso, con l’aumento del grasso viscerale addominale, si associa spesso a più alti livelli di colesterolo LDL e trigliceridi, con bassi valori di HDL. In questa condizione si parla di sindrome metabolica e nelle donne che sviluppano tale sindrome in menopausa il rischio CV diventa più elevato.
In passato molti studi osservazionali e trials clinici randomizzati hanno documentato l’efficacia e la sicurezza della terapia ormonale sostitutiva (HRT) sul miglioramento della qualità della vita in menopausa. Vi sono stati, invece, risultati non univoci della HRT rispetto alla riduzione del profilo di rischio CV.
Nella donna in menopausa è necessario, oltre alla definizione del profilo lipidico, anche un attento monitoraggio della pressione arteriosa, della glicemia, della densità minerale ossea, della funzione tiroidea, dei livelli plasmatici di vitamina D. Un’alterata omeostasi di questi fattori può aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete e osteoporosi.
Durante la menopausa vanno considerati alcuni valori del colesterolo, dato il loro potenziale impatto sulla salute cardiovascolare delle donne in questo periodo di transizione.
Ecco alcuni valori da monitorare:
Anche l’ipertrigliceridemia aumenta il rischio cardiovascolare ed è importante monitorare questo parametro insieme ai valori di colesterolo.
E’ necessario inoltre stabilire per ogni paziente il rischio cardiovascolare avvalendosi delle tabelle di rischio[9] in cui il rischio viene calcolato in relazione al sesso, ai valori di pressione arteriosa sistolica, all’abitudine al fumo e ai valori di colesterolo non HDL. Sulla base del profilo di rischio cardiovascolare si stabilirà qual è il valore di colesterolo LDL da raggiungere e mantenere.
La dieta svolge un ruolo significativo nella riduzione del rischio cardiovascolare e il consumo di cibi altamente processati promuove lo sviluppo dell’obesità e delle patologie ad essa associate, che si traducono poi in aumento del rischio cardiovascolare.
Adottare il prima possibile, nel corso della vita, corrette abitudini alimentari è importante per contribuire a prevenire malattie metaboliche e cardiovascolari.
Ecco alcune indicazioni:
In una dieta sana ed equilibrata la quantità di grassi totali non deve superare il 25-30% del fabbisogno quotidiano, di cui quelli saturi non dovrebbero superare il 10% delle calorie introdotte giornalmente. Il consiglio è di limitare quanto più possibile gli alimenti ricchi di grassi saturi (alimenti di origine animale e prodotti dolciari confezionati) sostituendoli con cibi fonte di acidi grassi polinsaturi (come frutta secca, pesce azzurro e carboidrati complessi) proprio per riequilibrare il colesterolo cattivo, ridurre i trigliceridi, combattere le infiammazioni e migliorare anche il profilo pressorio.
Articolo a cura di Dott.ssa ANTONIA ALBERTI, Responsabile SSD Cardiologia 5 Territoriale e Centro Clinico Dislipidemie Grossi Paoletti - Dipartimento Cardiotoracovascolare - ASST GOM Niguarda