Lo scompenso cardiaco, chiamato anche insufficienza cardiaca, è una sindrome clinica complessa, definita come l’incapacità del cuore di fornire sangue in quantità adeguata rispetto all’effettiva richiesta dell’organismo[1].
Questa patologia non è sempre clinicamente evidente, tanto che può non essere facile fare la diagnosi. Nello stadio precoce, infatti, i pazienti con scompenso cardiaco possono essere asintomatici, oppure avvertire sintomi lievi, come per esempio l’affanno, anche solo per sforzi molto importanti. A causa dell’andamento naturale e progressivo della patologia, però, i sintomi dello scompenso cardiaco divengono gradualmente sempre più evidenti, fino a indurre il paziente ad effettuare accertamenti cardiologici per malessere o, addirittura, a rendere necessario il ricovero in ospedale.
Proprio perché il cuore non è più in grado di pompare il sangue efficacemente e di fornire ossigeno, oltre che ai muscoli anche a organi importanti come reni, intestino, polmoni e cervello, i pazienti affetti da scompenso cardiaco possono iniziare a presentare una serie di sintomi differenti tra loro. Tali “segnali d’allarme” sono dovuti al fatto che il cuore, per distribuire il sangue in misura adeguata alle richieste dei tessuti, lo fa al prezzo di eccessive pressioni di riempimento o di un’eccessiva frequenza cardiaca di lavoro. I più comuni segnali di sofferenza cardiaca sono fiato corto, dispnea (mancanza di fiato), stanchezza e affanno. Altri sintomi dello scompenso cardiaco possono invece riguardare l’alterata frequenza di minzione (riduzione della quantità di urine), la perdita di appetito, la nausea e il rapido aumento di peso per accumulo di liquidi[2].
I livelli di gravità dello scompenso cardiaco: le classi NYHA
La diagnosi tempestiva dello scompenso cardiaco è in grado di prevenire e rallentare il decorso della malattia; per questo, è importante definirne il livello di gravità. Esistono diversi modi di classificare lo scompenso cardiaco, uno quei quali classifica i diversi gradi della patologia in base al livello di limitazione dell'attività fisica del paziente. In particolare, la dispnea è uno dei sintomi cardine di questa malattia tanto da essere utilizzato per classificarla in base a livelli di gravità, secondo le classi NYHA. Si tratta di una classificazione clinica, stabilita dalla New York Heart Association[3] e adottata a livello internazionale, che individua quattro classi funzionali di gravità crescente (Classe I, II, III o IV) basate proprio su segni e sintomi della patologia, utilizzate anche per quantificare l’invalidità dovuta allo scompenso cardiaco (25-50-75-100%).
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Classe 1: scompenso cardiaco asintomatico.
Si registra la presenza di una cardiopatia, ma senza conseguenti limitazioni dell'attività fisica. L'attività fisica ordinaria del paziente non è limitata, ma possono comparire sintomi per attività superiori all'ordinario.
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Classe 2: scompenso cardiaco lieve.
Il paziente sta bene a riposo, ma l’attività fisica moderata (come salire due rampe di scale o salire alcuni gradini portando pesi leggeri) provoca dispnea o affaticamento.
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Classe 3: scompenso cardiaco da moderato a grave.
L’attività fisica minima (come camminare per casa o salire mezza rampa di scale) provoca dispnea o affaticamento, anche se il paziente sta ancora bene a riposo.
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Classe 4: scompenso cardiaco grave.
Il paziente non riesce a svolgere alcun tipo di attività. Spossatezza, dispnea o affaticamento sono presenti anche a riposo (seduti o sdraiati a letto).
La classe NYHA si riferisce ad una valutazione funzionale e soggettiva nei pazienti con cardiopatia e lo specialista che la certifica è, quindi, il cardiologo. Questa classificazione viene anche utilizzata dai clinici e dalle pubblicazioni mediche per descrivere la gravità dello scompenso cardiaco e l'effetto del trattamento.
Se la classe NYHA 2 identifica un paziente che ha difficoltà a salire le scale perché affanna, la classe NYHA 3 un paziente che riesce a dormire steso, ma che riposa probabilmente da seduto, la classe NYHA 4, la più grave, indica uno stadio critico che richiede il ricovero in Centri specializzati.
Entrambe le classi NYHA 3 e 4 richiedono l’ospedalizzazione, mentre la classe NYHA 1-2 rendono necessaria una corretta impostazione della terapia farmacologica, che rappresenta l’arma principale per migliorare la prognosi, ridurre i sintomi e i ricoveri ospedalieri, oltre che per garantire un’accettabile qualità di vita dei pazienti.
Scompenso cardiaco classi NYHA 3 e 4 e vaccino anti Covid-19
Come tutti i pazienti cardiopatici, anche chi soffre di scompenso cardiaco è particolarmente fragile e, se colpito dal virus Sars Covid-19, rischia di sviluppare una sintomatologia grave, con un maggior rischio di non sopravvivere, a causa degli effetti che il virus stesso produce. Per questo è importante che venga loro riservata una priorità nell’ambito del piano vaccinale.
Le “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19” pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2021[4] hanno inserito nella Categoria 1 – Elevata Fragilità anche i pazienti con scompenso cardiaco in classe avanzata (III – IV NYHA) per i quali è garantita la vaccinazione prioritaria.
Fase acuta e fase cronica nello scompenso cardiaco
Un altro fattore da tenere presente per la classificazione dello scompenso cardiaco è che il paziente scompensato alterna fasi acute a fasi croniche nel corso della sua malattia.
La fase acuta è una condizione potenzialmente fatale, caratterizzata da un improvviso aggravamento dei sintomi dello scompenso cardiaco, che richiede un intervento medico immediato e un ricovero ospedaliero in urgenza. La fase cronica è, invece, una condizione progressiva i cui sintomi tendono a manifestarsi lentamente e ad aggravarsi con l’età, oltre che con il susseguirsi degli episodi acuti.
La frazione di eiezione per la classificazione dello scompenso cardiaco
Lo scompenso cardiaco può venire classificato anche in base alla frazione di eiezione (EF), cioè il valore che indica la percentuale di sangue che ad ogni contrazione del ventricolo sinistro del cuore viene espulsa in aorta. Sulla base di questo valore, calcolato attraverso l’ecocardiogramma (ecografia che utilizza le onde sonore per creare un'immagine del muscolo cardiaco), si possono distinguere tre classi di scompenso[5]: lo scompenso a frazione d’eiezione conservata, lo scompenso a frazione d’eiezione ridotta e quello a frazione d’eiezione intermedia.
- Scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata (HFpEF), caratterizzato da un EF ≥50%: è in genere dovuto a un’alterata capacità di riempimento (‘disfunzione diastolica’).
- Scompenso cardiaco a frazione d’eiezione ridotta (HFrEF), caratterizzato da un EF ≤40%: è dovuto a un deficit di pompa del cuore (‘scompenso cardiaco sistolico’).
- Scompenso cardiaco a frazione d’eiezione di fascia intermedia o mid-range (HFmrEF), caratterizzato da un EF 40-49%: può rappresentare l’evoluzione di uno scompenso prevalentemente a funzione ridotta o preservata, o la conseguenza della presenza di entrambe le disfunzioni.
Lo scompenso cardiaco, come detto, è una condizione cronica che progredisce anche in assenza di sintomi evidenti di peggioramento. A seguito della diagnosi, il paziente deve iniziare un percorso di trattamento che preveda sia un cambiamento dello stile di vita, sia una terapia farmacologica che rappresenta l’arma principale per rallentare l’evoluzione della malattia e aumentare la sopravvivenza.
A seconda della gravità, il trattamento dello scompenso cardiaco può richiedere anche trattamenti di tipo interventistico, con l’impianto di dispositivi cardiaci.
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